Caterina de' Medici. Da Firenze alla Francia by Claudia Tripodi

Caterina de' Medici. Da Firenze alla Francia by Claudia Tripodi

autore:Claudia Tripodi [Tripodi, Claudia]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2024-03-14T23:00:00+00:00


Enrico, Francesco e Margherita: figli di Caterina, fratelli del re

Nel 1567, ad appena sedici anni, Enrico duca d’Angiò aveva ottenuto il titolo di luogotenente generale del regno, una carica che lo poneva ai vertici dello Stato, secondo solo al re suo fratello, dal quale lo separavano un anno di età e uno spiccato antagonismo. Per ingraziarsi la madre e essere certo che nulla, a corte, sfuggisse al suo controllo, Enrico contava sulla sorella Margherita (Margot), più piccola di lui di un paio di anni, e sulla sua fidata complicità.

Di ingraziarsi Caterina, a ben guardare, Enrico non aveva affatto bisogno. Sebbene il trono di Francia fosse occupato da Carlo, il fratello maggiore, non vi erano dubbi che la madre avesse una predilezione per lui.

A Margot, per esempio, era chiarissimo da anni come Caterina, che pure «non viveva che per i suoi figli, meno sprezzando continuamente la vita propria per conservar la loro e il loro Stato», avesse nei riguardi di Enrico una speciale propensione «che sovra tutti amava singolarmente questo».

Le era talmente chiaro che sapeva riconoscere anche quei non rari momenti in cui la madre, sebbene piena di orgoglio per i successi del figlio favorito, riusciva a mascherare abilmente la commozione che provava nell’assistere ai suoi trionfi e nell’udirne gli elogi. Perché se era vero che Caterina «unicamente l’amava», questo figlio, la cui «molta gioventù» riluceva ancor più dinanzi alla maturità «delle sue parole, più convenienti a barba canuta […] che ad un’adolescenza di sedici anni», era altrettanto vero che in lei, «dalla cui anima giammai si disgiunse la prudenza», era praticamente impossibile riconoscere «l’estasi da sì eccessiva gioia cagionata». Margot sapeva bene che Caterina aveva imparato a calibrare le sue emozioni come più riteneva opportuno, a manifestare solo ciò che desiderava mostrare, senza necessariamente esternare tutto il sentimento che la agitava, giacché sua madre era una donna saggia e «il saggio non fa cosa ch’ei non voglia fare».222

Probabilmente anche a causa di questa abile capacità dissimulatoria di Caterina, la competizione tra i suoi figli era fortissima. E fortissimo era anche il clima di sfiducia e di sospetto che li animava, forse perché connaturato all’ambiente della corte, forse perché Caterina stessa, con i suoi metodi e le sue strategie, non aveva operato né contribuito a smorzarlo. Nel ricordo di Margot, Enrico guardava con diffidenza al fratello, folle e vulnerabile, e al suo atteggiamento ruffiano verso la madre («È sempre appresso di lei, in tutto la seconda e la compiace») e in particolare temeva che con la maturità, non difettandogli l’ardimento (né l’incoscienza) si sarebbe potuto allargare fino a spodestarlo:

Dubito che a lungo andare, questo non mi sia di pregiudizio e che il re, mio fratello, divenuto grande, come che egli è coraggioso, non si dia più altrimente alla caccia, ma, fatto ambizioso, non cangi la caccia delle bestie in quella de gli huomini, levandomi perciò la carica di luogotenente del re che egli mi ha data, per andar egli in persona ne gli eserciti. Cosa che mi sarebbe di sì gran ruina, e dispiacere, che prima di soggiacere a tal caduta, eleggerei più tosto una morte crudele.



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